Quando ti capita un tumore tra capo e collo

Era arrivato l’autunno, sui social cominciavano a spopolare immagini di foliage e metafore sull’importanza del lasciare andare.

Io, nello specifico, avevo appena lasciato andare parte dell’armadio (già esiguo) come faccio tutti gli anni perché non mi piace portarmi dietro pesi inutili. Mi piace viaggiare leggera.

Quello che ancora non sapevo, è che avrei lasciato andare anche un pezzo della mia lingua e i linfonodi a sinistra del collo. Ma questa è un’altra storia.

Facciamo un passo indietro.

Era agosto, e io mi stavo godendo la mia estate calabrese tra un bagno nel mare caraibico, una soppressata e un pisolino sull’amaca. Unica ospite indesiderata una specie di afta sulla lingua che non si decideva proprio a guarire: spray, colluttori, toglimalocchio, chiacchierate con lei allo specchio per cercare di capire cosa volesse da me. Nulla da fare.

La situazione lentamente degenera finché mi ritrovo a faticare enormemente per deglutire, e quindi per mangiare. Fosse stato per me avrei continuato così (“Io in ospedale non ci vado, sono tutti macellai! La mia erborista risolverà tuttooooh!) peccato che mia mamma mi abbia letteralmente presa a calci in culo e mandata al Pronto Soccorso.

Era il 1° ottobre e già da come il Dott. Piccin mi aveva visitata, avevo capito che buttava male sia per me che per la mia ospite. Ma la mia speranza (ossia che i dottori non capissero nulla) continuava a battere forte nel mio cuore.

É solo un’afta, cosa ne sa lei, Piccin, Otorinolaringoiatra e Dirigente. Cosa ne può sapere lei.  É solo una povera afta da stress, come mi vengono sempre.

Non mi sono del tutto convinta che potesse essere qualcosa di diverso, nemmeno dopo una TAC, una RISONANZA e una PET.

Contemporaneamente, qualcosa di inaspettato cominciava però ad accadere: iniziavo a fidarmi del Dottor Piccin. Era diventato la mia Destinazione Umana. Continuavo a prenotare visite alternative (sia mediche che non) e puntualmente a disdirle. Una vocina nel mio cuore mi sussurrava che qui ero in mani sicure. Che di lui potevo fidarmi. Che il Policlinico Sant’Orsola era il posto giusto dove affrontare questa peripezia, se così vogliamo definirla.

Altra cosa: ho la fortuna di essere nata e di abitare in una città, Bologna, dove nell’ordine:

il 1° Ottobre mi prendono in carico al pronto soccorso

il 7 Ottobre mi fanno la TAC

l’11 Ottobre la RISONANZA

il 17 Ottobre la PET

Il 22 Ottobre ero pronta per l’intervento, non fosse che, per non farmi mancare nulla, mi sono fatta venire anche un focolaio, quindi è stato rimandato di una settimana. Ma, ecco, la sanità della mia città in 21 giorni era potenzialmente pronta a mettermi sotto ai ferri e a risolvere il problema. CHAPEAU.

Il tutto, naturalmente, senza alcun costo per me, se non i 36,15€ della PET. Quando ci lamentiamo di tutte le cose che non vanno nel nostro Paese, faremmo bene anche a rispolverare la memoria su ciò che invece funziona. Chiusa parentesi.

Il 29 Ottobre, che abbiamo stabilito essere il mio nuovo secondo compleanno (così finalmente sarò anche scorpione!), sono entrata in sala operatoria. Tutti contavamo sulla presenza solida di mio padre: un quintale di uomo, una sorta di Bud Spencer, che però…crolla e inizia a piangere più di tutti. “Peppe, ci dispiace ma Miss Italia per te finisce qui. Vai a casa che abbiamo bisogno di cuori forti per affrontare la giornata. Ti riaggiorniamo quando abbiamo notizie.”

L’operazione è durata 14 ore. La mia ultimissimissima speranza (sebbene Piccin mi dicesse di non contarci troppo, perché gli esami parlavano tutti molto chiaro) era che l’esame istologico che mi avrebbero fatto direttamente in sala fosse negativo. A quel punto, mi immaginavo i medici uscire e dire ai miei parenti: “É stato solo uno scherzo ragazzi! Le togliamo sta specie di afta e ve la restituiamo.”

Ovviamente non è andata così, e l’ho capito quando la mattina dopo mi sono svegliata nella recovery room, come mi avevano preannunciato. Con un sondino per alimentarmi piantato nel naso, una specie di panino al posto della lingua che stava a penzoloni fuori dalla bocca stile Fantozzi, una tracheotomia per respirare, un pezzo di coscia asportato (detto così fa brutto ma devo mantenere un tono epico, sebbene i chirurghi plastici abbiano fatto uno splendido lavoro e la cicatrice sarà minima) e trasferito nella lingua al posto della parte rimossa, un drenaggio nel collo e uno nella coscia. Stavo male, ero ancora semidrogata dall’anestesia, eppure riuscivo a rompere il ca**o. Mi sentivo letteralmente soffocare, l’infermiera mi diceva di stare tranquilla e di respirare ma non riuscivo, quindi continuavo a dimenarmi pretendendo attenzioni e soluzioni. Ad un certo punto, confesso, le ho fatto anche il dito medio (non potendo mandarla a cagare con la voce che non avevo più).

Da lì sono iniziati giorni duri, molto duri, che non starò a descrivere perché ognuno vive la propria esperienza e perché spero che chi dovesse imbattersi in questo articolo, perché magari si trova lui o un parente o un amico nella mia stessa situazione, riesca piuttosto a farsi una risata, o quantomeno un sorriso. PASSA TUTTO, posso testimoniare per l’ennesima volta che è vero. Quindi concentratevi su quello, anche quando sembra non passare mai e poi mai.

Ultima foto prima di togliere il sondino e prima foto di me che tento di “mangiare” uno yogurt diluito con acqua.

 

Oggi sono trascorse due settimane dall’intervento e mi sento rinata. D’altronde Neruda lo dice: nascere non basta, è per rinascere che siamo nati. 

Stamattina mi hanno tolto gli ultimi due “estranei”: il sondino per l’alimentazione e la cannula in gola. E pensare che ho superato anche questa, beh mi fa sentire un po’ Dio. Tanto per rimanere nel basso profilo.

Sì, lo so, non è ancora finita. Avrò gli ultimi giorni in ospedale per imparare nuovamente a deglutire e forse un ciclo di radioterapia. 

Ci vorrà del tempo per tornare a parlare e mangiare come una persona normodotata, ma sono qui, mi sento decisamente meglio, e questa mi pare già un’ottima notizia da condividere.

Passiamo quindi ai ringraziamenti, come nei migliori discorsi:

Grazie mamma, per avere sempre ragione e avermi spedita in ospedale. Se non sei morta nemmeno dopo questa, ormai non muori più <3

Grazie a Nicola, mio compagno, per aver infuso serenità, amore e risate per tutto il tempo, come il migliore degli Arbre Magique.

Grazie Papà, continui ad essere la mia roccia anche quando piangi come un bimbo.

Grazie alla mia sorellona, fonte inesauribile di ispirazione perché è lei la vera forza della natura della famiglia.

Grazie a tutti i miei amici e parenti. Per essere venuti a trovarmi a turno senza mai lasciarmi sola, per avermi incoraggiata, per le vostre preghiere (ognuno a proprio modo!). Mi sono sentita avvolta in un ENORME abbraccio d’amore.

Grazie ai miei colleghi, era la prima volta che lasciavo Destinazione Umana per così tanto tempo e la scena prima del ricovero sembrava quella di mia madre quando mi inseriva all’asilo “mi raccomando questo, questo e questo! E non scordate questo! Se le fate del male vi ammazzo con le mie mani! Lo giurooooh” Ve la siete cavata egregiamente – ma non avevo dubbi – e anche questo è stato un grande insegnamento per me (delegare Silvia, delegare). 

Grazie al Dottor Ottavio Piccin, alla Dottoressa Valentina Pinto (chirurga plastica), a tutti i medici, gli infermieri e il personale che mi sta seguendo con cura e dedizione in questo percorso. Grazie di cuore a tutti voi per il vostro prezioso lavoro.

E infine, GRAZIE, come sempre, destino. Perché nella sfiga e nel dolore, i medici mi hanno da subito garantito che l’intervento sarebbe stato risolutivo. Quindi posso continuare ad andare avanti in questa magnifica avventura che è la vita.

Vi lascio con questo brano del Don Chisciotte, cari cavalieri erranti. Buona vita a tutti, siempre!

A tutti gli illusi, a quelli che parlano al vento.
Ai pazzi per amore, ai visionari,
a coloro che darebbero la vita per realizzare un sogno.
Ai reietti, ai respinti, agli esclusi. Ai folli veri o presunti.
Agli uomini di cuore,
a coloro che si ostinano a credere nel sentimento puro.
A tutti quelli che ancora si commuovono.

Un omaggio ai grandi slanci, alle idee e ai sogni.
A chi non si arrende mai, a chi viene deriso e giudicato.
Ai poeti del quotidiano.
Ai “vincibili” dunque, e anche
agli sconfitti che sono pronti a risorgere e a combattere di nuovo.
Agli eroi dimenticati e ai vagabondi.
A chi dopo aver combattuto e perso per i propri ideali,
ancora si sente invincibile.

A chi non ha paura di dire quello che pensa.
A chi ha fatto il giro del mondo e a chi un giorno lo farà.
A chi non vuol distinguere tra realtà e finzione.

A tutti i cavalieri erranti.
In qualche modo, forse è giusto e ci sta bene…
a tutti i teatranti.

 

Silvia è uno spirito creativo e inquieto, alla continua ricerca di tutto ciò che è colorato, scintillante e vivo. La troverete sempre circondata da idee, dolci, vestiti, pennarelli, esseri umani. Da buon capricorno è concreta e legata alla terra, ma lo spirito…beh, quello aspira sempre molto in alto, alla ricerca delle energie positive che muovono il mondo. È l’apripista di Destinazione Umana e ogni volta che annuncia di aver avuto una nuova idea, un brivido di meravigliosa curiosità corre lungo la schiena di tutto il team, perché una cosa è certa: se Silvia dice che una cosa verrà fatta, quella cosa VERRÁ FATTA.

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